Collezione di pezzi anatomici pietrificati
dal Prof. Francesco Spirito
Presentazione di
Francesca Vannozzi
Centro Servizi di Ateneo
Tutela e Valorizzazione Antico Parimonio Scientifico Senese (CUTVAP)

In una attestazione del 1938 redatta dal Consiglio della senese Facoltà di Medicina sulla figura del ginecologo Francesco Spirito si apprende:
“Nei dieci anni di permanenza a Siena egli si è affermato quale clinico di pronta e sicura diagnostica e di intelligente, seria ed efficace attitudine operatoria: ciò gli ha permesso di acquistare la fiducia della popolazione e di realizzare quindi una attività clinica non facilmente superabile nella nostra città”.
Ed oltre, a riguardo del suo impegno didattico e di ricerca:
“Insegnante efficace, ha sempre scrupolosamente impartito le sue lezioni… Ha dato largo impulso al riordinamento della sua clinica e specialmente dei laboratori… Appassionato ricercatore, ha continuato a lavorare con un ritmo sempre intenso e mai degradante e tale passione ha saputo infondere nel personale assistente, cosicchè numerosissima è la sua produzione scientifica e quella degli allievi… A lui si deve la istituzione in Siena di una Scuola di Specializzazione in Ostetricia e Ginecologia, ormai fiorente” (1).
Ma oggi Spirito è forse ricordato, non solo dai senesi, ma dagli storici della medicina e dagli anatomici, soprattutto per una particolare tecnica di conservazione da lui messa a punto: la pietrificazione, ossia un processo di solidificazione degli organi animali.
Ne “La Nazione” del 14 febbraio 1951, si legge come il Direttore del Museo di Storia delle Scienze di Firenze, il medico Andrea Corsini, avesse ricevuto, il giorno precedente, un “gradito regalo”:
“è arrivato l’assistente del professore (Spirito) con un gran seguito di casse dentro le quali si trovava il famoso regalo. Un regalo da museo di storia delle scienze, naturalmente: un piede, una mano, un cuore, un cervello, una testa umana sezionata e quella di un idrocefalo; il tutto rigorosamente pietrificato, come se non si trattasse dell’opera di un medico ma quella di uno scultore scrupolosamente verista”.
Il dono viene collocato:
“nell’angolo del museo che accoglie da tanto tempo la ricca eredità del poverissimo Girolamo Segato”,
collezione di oltre cento anni, che il medico bellunese (2) aveva preparato con una metodologia mai svelata. Tra i suoi pezzi “fiorentini”, il “mirabile seno di fanciulla” e il famoso tavolo con il mosaico composto di 214 “pezzi umani intarsiati”.
Segato (1792-1836), naturalista, geografo, esperto in chimica e mineralogia, aveva iniziato le sue esperienze nel 1832, sollecitato da suo un viaggio nel 1820 in Egitto. Avversato e ammirato da molti, mai volle rendere pubblica la tecnica da lui seguita, se non dietro un compenso di 30.000 fiorini, che mai peraltro gli furono pagati (3). Il metodo realizzava preparati “sconcertanti per la loro metafisica consistenza” (4).
La collezione Segato, conservata dallo stesso scienziato nella propria abitazione nel Palazzo Spini sul Lungarno Acciaioli a Firenze
“fu alla sua morte distribuita a vari Istituti, dopo che, come afferma il Corsini, gli eredi non riuscirono a venderli dopo molte e vane pretese al Granduca di Toscana, per rifarsi dei debiti lasciati dal Segato” (5).
Gli Istituti citati erano il Museo Anatomico fiorentino e alcuni enti quali l’Istituto di Storia delle Scienze di Firenze, la Società Medico – Chirurgica di Bologna, il Museo Anatomico di Perugia.
Il menzionato dono dello Spirito avviene ad oltre venti anni dalle sue prime ricerche, iniziate non solo per “puro interesse scientifico, ma anche la fama che sempre aveva circondato il Segato e quell’odor di mistero, quasi di magia che emanava la scoperta” lo avevano in realtà indotto ad avviare la sperimentazione dai primi del ’30. Nella pubblicistica, molti infatti risultano i lavori e comunicazioni scientifiche sul miglior metodo per conservare i preparati anatomici, perchè rimanessero nel tempo immodificati non solo nella forma, ma anche nella colorazione. Il problema del mantenimento della conformazione del pezzo anatomico aveva da sempre affascinato anche lo Spirito, tanto da indurlo ad avviare una ricca e costante sperimentazione che lo porterà, come lo stesso autore afferma, a “pietrificare per un caso fortunito” (6).
In una sua comunicazione scientifica tenuta nel 1936 nell’Accademia dei Fisiocritici di Siena sull’uso della paraffina per la conservazione dei preparati, Spirito presenta all’auditorium “dei pezzi solidificati”, fatti con il “comune metodo di inclusione di paraffina adoperato nella tecnica istologica”. Si tratta in realtà dell’opportunità di anticipare il nuovo metodo da lui messo a punto:
“Il metodo (la paraffina) è già sorpassato da mie ulteriori esperienze, che danno risultati brillanti e di cui mi occuperò in una prossima occasione” (7).
L’occasione preannunciata sarà l’adunanza scientifica straordinaria dei Fisiocritici del 20 marzo 1939, alla quale Spirito partecipa con la dissertazione dal titolo “Mostra ed illustrazione di pezzi anatomici pietrificati”, nella quale:
“dinanzi ad un pubblico numerosissimo costituito oltre che dagli Accademici, dalle maggiori Autorità… e numeroso pubblico fra cui signore e signorine, ha illustrato una sua mostra di pezzi anatomici pietrificati con suo metodo speciale”, mostrando poi “ai giovani del materiale anatomo-clinico che vale ai fini dell’insegnamento molto di più dei pezzi conservati in liquido o dei preparati artificiali e… fa la distinzione fra mummificazione, imbalsamazione e pietrificazione” (8).
Quale conclusione, alquanto “d’effetto”, Spirito “presenta un blocco di organi di bue” e fa rimbalzare “sul pavimento alcuni pezzi da lui pietrificati che resistono all’urto e danno rumore di pietra”.
La metodologia, come spiegherà lo studioso, è sostanzialmente quella del trattamento del pezzo anatomico con una soluzione di silicato di potassio: fissato in una soluzione di formalina al dieci per cento o di sublimato corrosivo al tre per cento per conservare inalterata la struttura e per renderla “reversibile”, il pezzo è immerso nel silicato di potassio diluito con acqua distillata, essiccato ed infine sottoposto ad un bagno di olio di vasellina e di alcune speciali vernici. La procedura così descritta determina la pietrificazione del preparato. Ma la caratteristica ancor più degna di nota è la sua “reversibilità”, che consiste nel fatto che un pezzo, ormai di consistenza lapidea, possa esser riportato allo stato naturale senza alcuna alterazione dei tessuti, così che, anche a distanza di tempo, se immerso in soluzione, esso ritorni ad esser “lavorabile”, fino a poterne fare preparati istologici. La tecnica di Spirito non è essiccamento, imbalsamazione o mummificazione, ma sostituzione, all’acqua degli spazi intercellulari, di sali, responsabili della consistenza lapidea, senza alcuna alterazione della struttura della materia organica.
La “scoperta” di Spirito è di tale importanza che lo stesso medico fiorentino Corsini, citato direttore del Museo della Scienza di Firenze, attento studioso della collezione del Segato (9), è allo Spirito che attribuisce l’appellativo di “ideatore del metodo”, riconoscendo “il pratico valore del ritrovato” essenzialmente nella applicazione
“didattica, perché alle vecchie cere anatomiche, a formare le quali occorrono artisti provetti ed a mantenerle una speciale cura resa ancor più necessaria dalla friabilità della cera stessa, ed ai modelli in carta pesta, si potranno sostituire non altri modelli, ma pezzi naturali inalterabili” (10).
Ed è così che:
“Potranno cambiar faccia i Musei anatomici, ove tolti di mezzo anche i barattoli ed i loro liquidi conservativi, faranno mostra di sé quei medesimi pezzi che si studiano freschi nelle sale da taglio” (11).
Ma cosa induce un eminente clinico ostetrico come Spirito a cimentarsi alacremente nella messa a punto di una metodica di conservazione? Sempre in occasione della sua conferenza del ‘39 nell’Aula Magna dell’Accademia dei Fisiocritici, lo scienziato fornisce la seguente risposta:
“cerco di strappare al dissolvimento ed alla distruzione per ragioni didattiche quanto, essendo così conservato, può col permanere in essere, fonte di vita” (12).
Le metodiche fino al momento adottate in campo anatomico erano la conservazione “in un mezzo liquido” e varie tecniche di essiccazione, le quali comunque comportavano la perdita o alterazione del colore del preparato. La pietrificazione di Spirito è invece una “mineralizzazione preventiva integrale”, processo che consente di “conservare indefinitivamente i corpi organici resi anidri e mineralizzati, e quindi non soggetti a corruzione”. Metodica che molto si discosta da quella del Segato, oggetto nel passato anche di aspre e accese polemiche e critiche. In realtà, più che pietrificare, sembra infatti che Segato si avvalesse anche di gesso per riempire gli intestini o per forgiare modelli su cui poi deponeva lembi di pelle; ciò a esauriente spiegazione di come poi i suoi preparati si lasciassero “scalfire dall’unghia o da un temperino, mentre i pezzi asportati (fossero) friabili” (13).
Dopo Segato, molti altri ricercatori avevano tentano di mettere a punto tecniche di pietrificazione, poi illustrate in occasioni scientifiche: Oreste Nuzzi, docente di chirurgia a Napoli, nel 1932 alla Società Italiana del Progresso delle Scienze; il fiorentino Andrea Cozzi nel 1837 all’Accademia dei Georgofili; il farmacista Luigi Mori di Pisa nel 1839 al I Congresso degli Scienziati. E di molti altri ne rimangono ad oggi le testimonianze: Paolo Gorini di Lodi (1849); il chirurgo Giovan Battista Massedaglia di Verona (1837); il medico L. Motta di Torino e la sua metallizzazione; il medico e naturalista cagliaritano Efisio Marini (1865), notissimo per i suoi esemplari imbalsamati conservati presso il Museo dell’Istituto Anatomico di Napoli, morto, come Segato, in miseria e senza rivelare il suo metodo. Tutti uomini di scienza dei quali però lo stesso Spirito afferma nulla esser rimasto in dettaglio della metodologia usata, tranne che del Nuzzi che aveva tentato di proteggere la propria tecnica da “privativa industriale”, inoltrando domanda all’Ufficio Centrale Brevetti, che però l’aveva respinta (14).
E proprio per esser certo di ben tutelare i suoi studi sulla pietrificazione, tali da esser poi correttamente divulgati nel tempo, lo stesso Spirito alla seduta del 4 febbraio 1939, afferma di averli deposti in busta chiusa alla R. Accademia dei Lincei in Roma, con autorizzazione di pubblicazione solo alla sua morte.
In realtà, Francesco Spirito ritorna sull’argomento nel 1951, in occasione di una nuova comunicazione scientifica, tenuta sempre ai Fisiocritici di Siena (15), nella quale fornisce maggiori dettagli sulle migliorie della tecnica a dodici anni dalla sua prima esperienza.
Egli ribadisce che “l’uovo di Colombo” è la soluzione di silicato di potassio, grazie alla quale “la massa assume un aspetto ed una consistenza lapidea… che con l’evaporazione diventa una massa vetrosa trasparente”. Durante la procedura, il pezzo è sostenuto da fili opportunamente sistemati, tesi tra sostegni di legno o metallo, in modo che le singole parti del preparato rimangano nella posizione voluta. Per i pezzi di grosse dimensioni, che necessitano per il buon esito della preparazione di iniezioni di silicato, lo Spirito fa costruire “aghi di diverso calibro e di diversa lunghezza da innestare a vite, su una siringa da 200 cc. a corpo ed a stantuffo di metallo, il quale ultimo scende nel primo a giro di vite”. Lo scienziato riesce così ad ottenere che i pezzi pietrificati conservino nel tempo la loro forma e quasi inalterato il volume, di consistenza “perfettamente” lapidea. Tale comunicazione orale, poi data alle stampe, termina con la specifica dei sei “tempi fondamentali per la pietrificazione dei pezzi anatomici” e con consigli:
“per ottenere anche la pietrificazione del grasso”, “per ottenere un colorito più o meno simile al normale”, “per ottenere un colorito relativamente simile al normale e contemporaneamente la pietrificazione del grasso” (16).
Il metodo adottato, migliorato poi nel tempo dallo stesso Spirito, ben si presta non solo ai preparati anatomici, ma a tutti i reperti “organici” che si intenda conservare, anche a scopo espositivo. In una successiva pubblicazione del 1953, egli infatti presenta la pietrificazione di pesci e rettili, tali da poterli esporre “all’aria libera”:
“gli animali così trattati possono conservarsi indefinitivamente, date le caratteristiche della sostanza dalla quale sono compenetrate fin nei più intimi recessi del loro corpo, così da preservarli dal contatto dell’aria” (17).
Il metodo, in realtà, differisce da quello riservato ai preparati dell’uomo per la sostituzione del silicato con la fissazione in formalina, disidratazione, raschiamento in xilolo ed impregnazione con resina.
E dalla “Relazione annuale sull’attività dell’Accademia” nell’anno 1952-1953, inviata il 25 gennaio 1954 dai Fisiocritici al Ministro della Pubblica Istruzione, si apprende:
“Il metodo del Prof. Spirito è stato premiato con medaglia d’oro alla Mostra Internazionale del preparato biologico tenuta in Ancona, alla quale l’autore presentò numerosi pesci e rettili trattati col suo metodo” (18).
Mentre nella relazione annuale del 1954, inviata nel 1955 al Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Accademie e Biblioteche, viene annotato:
“Inoltre i Musei hanno visto ampliata la loro consistenza con donazione di pezzi anatomici pietrificati fatta dal Prof. Spirito” (19).
Oggi, nel Museo di Storia Naturale dell’Accademia dei Fisiocritici, così come riportato nell’inventario “Museo paleontologico e geologico” del 1938, nello stesso scaffale n° 15 in legno d’abete verniciato, con due sportelli a vetri e diviso in sei scompartimenti, è conservata la collezione dello Spirito (20). I “pezzi pietrificati Prof. Spirito” sono 70 e corrispondono esattamente a quelli riportati nel menzionato inventario.
E’ ipotizzabile che Spirito, alle soglie del fuori ruolo accademico previsto dal 1955, trasferisca la sua collezione, fino al momento conservata nella Clinica Ostetrica e Ginecologica di cui era direttore, all’Accademia dei Fisiocritici, istituzione della quale sarà presidente per diciotto anni.
(Pubblicato in: Atti Accademia Fisiocritici, Serie XV, Supplemento Tomo XVII, 1998.)

Foto del Prof. Spirito all'inaugurazione dell'Anno Accedemico 1939-40

 
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